Un film sui “Cantacronache”, coscienza critica dell’Italia del ‘boom’

I “Cantacronache” a cinquant’anni  dalla conclusione della loro esperienza

Sono passati cinquant’anni dallo scioglimento (1962) del gruppo dei “Cantacronache”, un piccolo nucleo di
musicisti e intellettuali torinesi di cui è senz’altro opportuno rivisitare e rimeditare l’opera. E’ vero che nella
tradizione dei canti sui temi della Resistenza, del rifiuto della guerra, delle lotte dei lavoratori il ricordo del
loro contributo non si è mai spento davvero. Delle loro canzoni, ancora si apprezzano e si cantano “Oltre il
ponte”, “Partigiani fratelli maggiori”, “Dove vola l’avvoltoio?”, “Per i morti di Reggio Emilia”. “Il valzer
della credulità”, per citarne solo alcune. Di molte altre si rischia però di perdere ingiustamente il ricordo.
Dal 1958, prendendo nettamente le distanze dalle canzonette di successo stile Festival di Sanremo, i
“Cantacronache” scrivono, cantano e cercano di radicare il gusto per un altro tipo di canzoni, che affrontano
i temi della quotidianità e quelli ociali e politici con parole intense e poetiche, ma tutt’altro che astruse, e con
melodie lineari e prive di strumentali scale retoriche, molto consone a sostenere il tono spesso narrativo dei
testi e a contrappuntare pungenti denunce mai gridate.
Del loro contributo alla nascita in Italia della “canzone d’autore”, per quanto essa si distanzia effettivamente
dai cliché di consumo, si è molto detto. Rimane comunque quest’esperienza che attecchisce, sia pure solo in
parte e per breve tempo, nel contesto dell’Italia del ‘boom’ economico, con una produzione di canzoni
raffinate e graffianti, liriche e ironiche al contempo. Una produzione che può rivelarsi molto utile a capire
meglio i primi anni ’60 (e i successivi).
Tra i protagonisti dell’esperienza si possono annoverare Michele L. Straniero, Sergio Liberovici, Emilio Jona,
Fausto Amodei, Margherita Galante Garrone (‘Margot’), a cui si aggiungono con le loro collaborazioni
scrittori e poeti come Italo Calvino, Mario Pogliotti, Franco Fortini, Umberto Eco e Gianni Rodari.
L’Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza, da sempre interessato nell’ambito della sua attività a
quella particolare fonte della storia sociale e culturale che è la tradizione dei canti popolari, di lotta, delle
guerre e della Resistenza, ma anche delle canzoni, commerciali o critiche, con tutte le loro varianti, presenta
in anteprima a Torino il 23 febbraio (ore 20,30, sala proiezioni del Museo Diffuso della Resistenza, corso
Valdocco 4/A), con l’Istituto piemontese per la storia della resistenza e della società contemporanea ‘Giorgio
Agosti’, il documentario Cantacronache. 1958 – 1962: politica e protesta in musica, realizzato da un gruppo
di giovani dell’Università di Bologna (Michele Bentini, Sandra Cassanelli, Liviana Davì, Elisa Dondi, Rossella
Fabbri, Chiara Ferrari, Sara Macori, Alice Tonini), nell’ambito del Master in comunicazione storica.
Nel film brani di canzoni dei “Cantacronache” sono intervallati dalle parole dei protagonisti o di testimoni
che li hanno conosciuti bene, attraverso le quali è possibile ricostruire le vicende del gruppo e i momenti più
significativi della sua esperienza artistica e culturale. Le voci sono quelle di Emilio Jona, Fausto Amodei,
Margherita Galante Garrone, ma anche quelle di Andrea Liberovici, figlio di Sergio Liberovici, e di Giovanni
Straniero, nipote di Michele Straniero. Con loro, fra gli altri, Giovanna Marini, cantante e ricercatrice di
musica popolare, che racconta i “Cantacronache” attraverso la sua visione esterna, da testimone. Materiali
d’archivio, spezzoni di film, riprese originali completano il racconto, organizzato in capitoli tematici.