Pagine nascoste

di Sabrina Varani, Italia 2017, 67 min

Regia, fotografia, suono di presa diretta: Sabrina Varani;
Montaggio: Edoardo Morabito;
Soggetto: Francesca Melandri
Musiche: Pietro Bartoleschi;
Montaggio del suono: Marta Billingsley;
Produzione: Aamod, B&B Film; in collaborazione con Istituto Luce
con: Francesca Melandri, Giorgio Manzi, Massimo Rendina, Teresa Melandri, Aster Carpanelli, Carmine Panico, Major Shaleka Dejene Meshesha, Elfinesh Tegeni, Tewodros Seyoum

IL FILM 

All’origine del nuovo romanzo che la scrittrice Francesca Melandri sta preparando, vi è l’urgenza personale di fare luce sulla propria figura paterna. Francesca è a conoscenza dell’adesione giovanile del padre al regime fascista. Tuttavia, dai racconti familiari, sa anche che Franco, come molti, ha subito una profonda conversione antifascista durante la guerra, in particolare di fronte alla tragedia della campagna di Russia. 

Il ritrovamento negli archivi di un articolo che porta la firma del padre rivela però una realtà molto diversa. In cerca di risposte, la scrittrice si avventura in altre leggende, più collettive e pubbliche, quelle legate alla guerra d’Abissinia, poco raccontata alla generazione post-bellica e tradizionalmente rappresentata come un’occupazione bonaria e praticamente indolore. La sua ricerca, condotta attraverso un viaggio in Etiopia, testimonianze dirette e studio delle fonti storiche, racconta invece un’altra storia, fatta di stragi sanguinose e violenze efferate. 

Francesca studia e indaga per cinque anni, elaborando le sue conoscenze in una narrazione complessa, che intreccia il nostro passato coloniale con l’Italia intollerante e razzista di oggi, riscoprendo dolorosamente i nostri legami culturali con quell’ideologia violenta, mai realmente debellata alla radice, che, come un fiume carsico, vediamo riemergere nel nostro presente. 

Il film è il racconto di questa ricerca, che intreccia passato e presente, rimozioni private e pubbliche, e del processo creativo che trasforma la realtà biografica e storica in letteratura.

LA CRITICA

Buchi (neri) da colmare

La scrittrice Francesca Melandri, mentre sta effettuando delle ricerche per il suo nuovo romanzo di ambientazione storica, si imbatte in un articolo sulla campagna italiana in Etiopia scritto da suo padre, fascista dichiarato, apparentemente pentitosi dopo la campagna russa. Partendo da lì, la scrittrice decide di compiere un approfondimento sulla figura del genitore, cercando di colmare i buchi neri tanto nella storia della sua famiglia, quanto in quella più generale dell’Italia di quegli anni. 

È un’operazione senz’altro apprezzabile, quella compiuta da Pagine nascoste, in concorso al PerSo Film Festival di Perugia del 2018, che nel suo viaggiare tra passato e presente, tra il rigore della ricostruzione storica e la portata emotiva della testimonianza diretta, si muove anche tra i territori confinanti della letteratura e del cinema: lo fa, il documentario di Sabrina Varani, riferendosi costantemente al romanzo Sangue giusto, scritto da Francesca Melandri, tentativo in forma narrativa, da parte della srittrice, di penetrare e riportare alla luce nella sua interezza la figura di suo padre, giornalista fascista, (apparentemente) ravvedutosi dopo l’impresa militare in Russia. Un gioco di rimandi costanti tra un testo e l’altro, che va oltre il mero didascalismo tracciando un parallelo (non diretto, ma mediato dai meccanismi della fiction, da quella “menzogna” a cui la scrittrice fa riferimento negli ultimi minuti) tra la figura fittizia di Attilio Profeti, testimone diretto delle atrocità italiane in Abissinia, e quella reale di Franco Melandri. Due emblemi, nei rispettivi ambiti, di una più generale operazione di rimozione (quella dell’appoggio più o meno silenzioso al regime, da parte di larghi strati di popolazione) di cui stiamo ancora pagando le conseguenze.

La struttura rapsodica di Pagine nascoste, che si apre sull’interno della grotta in cui i partigiani di Addis Abeba si nascondevano, emblema di un più generale oscuramento di un’intera pagina di storia, per chiudersi quasi beffardamente sull’immagine della pecora/eroina sacrificata dallo stesso Melandri, non esclude un suo carattere rigoroso, fermo nella direzione da intraprendere. È sì un viaggio nel passato, quello compiuto dalla regista accanto alla scrittrice romana, che tuttavia mostra costantemente e consapevolmente le sue corrispondenze nel presente, i drammi e i disastri (oggi sotto gli occhi di tutti) dei “buchi neri” della memoria: tanto di quella collettiva quanto di quella personale della scrittrice, grumo di ricordi rimossi che impediscono un reale confronto (tanto personale e affettivo, quanto politico) con la figura del defunto genitore. L’apparente impassibilità sul viso di Francesca Melandri, il suo distacco nel condurre ricerche e interviste, testimoniano invero di un’inquietudine interiore (quella che emerge quando si ha la consapevolezza che il personale si lega, indissolubilmente, al collettivo) che viene infine alla luce nella voce incrinata della scrittrice negli ultimi minuti del documentario.

Rigoroso ma non neutro, consapevole dell’impossibilità di un punto di vista esterno e “incontaminato” nel lavoro del documentarista (specie su un tema del genere), Pagine nascoste dosa in modo attento le inevitabili accelerazioni emotive del suo materiale, dando vita a volte a interessanti effetti di senso: tra questi, le celebrative parole dei vecchi cinegiornali sull’avventura coloniale, a commento delle immagini che mostrano un popolo e una terra ancora non riavutisi dalla violenza subita; oltre alla raggelante registrazione audio di Topolino in Abissinia (popolare pezzo di propaganda del regime) sovrapposta a una carrellata a mostrare i volti della generazione dei nipoti delle vittime di quell’esperienza. I documenti fotografici e filmati più espliciti, quelli (quasi insostenibili) delle impiccagioni di massa e di una fossa comune colma di cadaveri, non trasmettono mai l’impressione di una facile scorciatoia per il coinvolgimento spettatoriale, restando piuttosto diradati nella disposizione, e subordinati all’inserimento in un’evoluzione “narrativa” che vede al centro la ricerca della scrittrice. E, in questo senso, più che funzionale si rivela anche la digressione (laddove la memoria personale si allarga a una dimensione collettiva) sulla figura del generale Rodolfo Graziani, criminale di guerra per l’ONU, responsabile di atrocità riconosciute, ma tuttora “eroe locale” nel natale paese di Filettino.

Quella di Pagine nascoste si rivela dunque una via interessante al linguaggio del documentario, che rifiuta la contaminazione (oggi frequente) con la fiction, in quanto ritiene, evidentemente, la realtà già contaminata di suo con quella “fiction storica” che qui si tenta di rimuovere. Lo fa, il documentario di Sabrina Varani, mostrando una ricerca e un viaggio nella memoria doloroso quanto necessario, quale antidoto a un collettivo oblio di cui vengono ben mostrati (di nuovo in modo non didascalico, ma con tutta l’urgenza di una storia che si va scrivendo) gli effetti nell’oggi.

(Marco Minniti, posted 26 settembre 2018)

Italia, Etiopia, archivi, tracce materiali, monumenti, saggi e trattati, la consulenza con studiosi, partigiani, testimoni, i ritagli di giornale, le foto. Tutto nella spasmodica ricerca di un tracciato, di un percorso che restituisca un’immagine, l’identità sfocata e sfuggente di un padre, amato ma forse mai compreso sino in fondo. Il documentario di Sabrina Varani Pagine nascoste, racconta proprio questo, questa ricerca coraggiosa tra le pieghe occultate di una biografia personale, quella di Franco Melandri, papà di Francesca (e della più nota politica Giovanna) che poi riflette e ricalca la storia collettiva e contraddittoria della nostra nazione all’indomani del ventennio fascista. Francesca è una sceneggiatrice e scrittrice e sta iniziando a lavorare al suo nuovo libro, che uscirà nel 2017 col titolo di Sangue giusto, compiendo le ricerche d’archivio e presso studiosi per raccogliere materiale storiografico e scientifico utile alla trama che si accinge a raccontare. Il romanzo, ambientato tra presente e passato, scorre indietro le pagine della storia italiana fino alla guerra e l’occupazione in Etiopia negli anni Trenta, portando alla luce gli oscuri trascorsi di Attilio Profeti, personaggio fittizio sorta di alter ego di Franco.

Il percorso composito e segmentato del lungometraggio riflette e segue con delicata partecipazione il percorso personale di Francesca nella scoperta di un profilo più netto da attribuire a suo padre, nell’infrazione di un tabù: la distruzione e ricostruzione della figura-mito del proprio genitore, attraverso i suoi trascorsi fascisti, le teorie razziali, l’attivismo politico e militare. La scrittura del romanzo come forma di comprensione e metabolizzazione di una realtà troppo difficile da ammettere ed accettare, con le sue tracce intime ed emotive a far da collante e motore propulsore di un viaggio che tocca le rovine di Addis Abeba, che sfoglia le immagini di repertorio, le sagome in bianco e nero per poi portarci al qui e ora, e al corto circuito ideologico che torna con urgenza a riesumare un passato scomodo insabbiato e dimenticato da decenni. Una struttura precisa, circolare, eppure vertiginosa nelle sue spinte emozionali, nell’audacia con la quale allarga lo sguardo sulla fetta maggioritaria degli italiani al tempo del fascismo, vera zona grigia socio-culturale del post bellico, con una precisione che non ammette reticenze né amnesie.

(Nicoletta Scatolini, posted 26 gennaio 2018)

LA REGIA

Sabrina Varani (1965) è una delle più importanti direttrici della fotografia in Italia, e documentarista. Lavora nel cinema dal 1985, dal ‘94 al ‘98 vive e lavora in Francia, collaborando con molti registi francesi e africani. Tornata in Italia si dedica parallelamente al suo lavoro, sia nel cinema di finzione che nel documentario, e a propri progetti. Tra le principali collaborazioni come direttrice della fotografia nell’ambito del documentario italiano si ricorda Agostino Ferrente ne “L’Orchestra di piazza Vittorio”, Alina Marazzi in “Per sempre”, “Noi non siamo come James Bond” di Mario Balsamo, “Anija” di Roland Sejko, “terramatta” e “Con il fiato sospeso” di Costanza Quatriglio e della stessa autrice di prossima uscita il lungometraggio “Sembra mio figlio”. Tra i suoi principali lavori come regista “Negri de Roma” (2002), e “Riding for Jesus” (2011).